venerdì 10 aprile 2020

Il mito dell'Androgino di Platone STEP#08


Il mito dell’androgino

Una delle opere più famose di Platone è certamente il “Simposio”. Nella finzione letteraria del Simposio sette intellettuali ateniesi si ritrovano nel bel mezzo di un convivio a discutere sul tema dell’Eros. Ognuno di essi espone il proprio parere agli altri trasformando il dialogo conviviale in un vero e proprio agone filosofico in cui le capacità oratorie dei singoli raggiungono il loro apice.

Il discorso di Aristofane è forse uno dei più famosi del Simposio di Platone, egli decide di trattare il tema mediante la narrazione del mito dell’androgino. Aristofane mostra un punto di vista alquanto materialista dell’amore, quest’ultimo sarebbe infatti solo un espediente per portare gli uomini alla continuazione della specie umana, nulla di sentimentale trapela dalle parole di Aristofane.

                                                                   Discorso di Aristofane



Androgino secondo l'idea di Platone
“[…] Allora c’erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il maschio e la femmina. Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l’ermafrodito, un essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. […] La ragione per cui c’erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d’entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra. La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l’essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda anche gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dèi. […] Dopo aver laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un’idea. «lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. […] Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto. […] Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all’altra. Si abbracciavano, si stringevano l’un l’altra, desiderando null’altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d’inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l’altra. E quando una delle due metà moriva, e l’altra sopravviveva, quest’ultima ne cercava un’altra e le si stringeva addosso - sia che incontrasse l’altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile.” 

Platone, "Sinposio", [189]-[192] 

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